Desiderio, legge, riconoscimento in Franz Kafka
Relatore Gabrio Forti
La combinazione dei tre termini offre un piano “sistemico” di lettura dell’opera kafkiana e forse una chiave per accedere ad almeno uno dei suoi innumerevoli penetrali. È noto che Kafka fece ricorso alle parabole, ma forse si può dire che tutta la sua produzione è una grande parabola sulla impossibilità moderna (e tardo-moderna) del desiderio, sull’incapacità di attingere non solo l’aldilà, ma anche e prima ancora l’”al-di-qua”, l’esperienza terrena: ci si sente esclusi dall’immanente, che è vissuto come trascendente o addirittura come “il” Trascendente.
Nel calvario processuale di Joseph K., non meno che nei vani tentativi dell’agrimensore de “Il Castello”, si esprime il disincanto e l’ironia di una intelligenza consapevole dell’inanità dei percorsi con i quali ci si illude di riscattare la propria condizione di escluso dal riconoscimento, di esiliato dalla casa del padre (e del Padre?). Come il campagnolo che viene tenuto fuori dalla porta della Legge, K. (e Kafka) «sapendo di non aver nessun “diritto” nei riguardi della realtà, è convinto di aver sempre “torto”» (Ladislao Mittner). La punizione precede la colpa perché la realtà diviene oggetto di rivendicazione e il desiderio assume le vesti di una pretesa legalistica, alimentando un bulimico bisogno di diritto, che porta in sé la propria condanna e sospinge sempre più lontano dalla Legge (e dalla Giustizia).
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In Cattolica “Desiderio, legge, riconoscimento in Franz Kafka”
Mercoledì, 14 dicembre, alle ore 18, nella sede dell'Accademia cattolica, a Brescia, in via Gabriele Rosa, 30, il Prof. Gabrio Forti, ordinario di diritto penale e preside della facoltà di giurisprudenza dell’Università cattolica, tratterà il tema: “Desiderio, legge, riconoscimento in Franz Kafka”.