Michele Cometa, Tecnologia e narrativa: il passato e il futuro dell’homo faber

Relatore Michele Cometa

Diversamente da quanto comunemente si pensa, tecnica e narrativa sono connesse e hanno avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo. Oggi si parla di “biopoetica”. Secondo Aristotele (Poetica § 4) le cause della poesia sono naturali poiché è connaturata agli uomini, fin da bambini, l’imitazione, attraverso la quale essi si procurano i primi insegnamenti. Essi nascono provvisti di molti meno mezzi rispetto agli animali e devono compensare tale mancanza con molte protesi, fra cui appunto la letteratura, la narrazione e la scrittura. Ciò è stato sottolineato dalla antropologia filosofica da Herder fino a Arnold Gehlen, secondo il quale l’uomo ha bisogno di “Entlastung”, cioè di esonero dal peso della realtà, e a questo scopo ricorre alla narrativa e all’arte. Max Frisch, in Homo faber afferma di non aver bisogno della mistica per far valere l’inverosimile, gli basta la matematica. Eppure mistica e matematica sono molto più vicine di quanto si possa pensare.

Roland Barthes nelle Variazioni sulla scrittura si rifà a un paleontologo, studioso della pittura rupestre, strutturalista dei primi tempi, André Leroi-Gouran (1911-1986), secondo il quale la mano e la bocca con la sua capacità di parlare impegnano gran parte del cervello umano. Per Leroi-Gouran l’utensile, in cui si esprime la manualità, è una secrezione del corpo e del cervello. Esso è organo artificiale, strettamente connesso all’organo naturale. Già l’ominide primitivo nella produzione delle pietre bifacciali seguiva una catena operativa immaginando fin dall’inizio la forma terminale. Fra la sequenzialità tecnica e quella narrativa c’è una analogia. Ambedue hanno la caratteristica della ricorsività e implicano la percezione del tempo. Alexander Marshack ha dimostrato che già nei simboli lasciati dall’homo sapiens era implicita la misurazione del tempo. Dal canto suo, questa implica la memoria. Merlin Donald ha descritto l’evoluzione dell’uomo dalla memoria episodica alla memoria narrativa attraverso il raggiungimento progressivo del livello mimetico, di quello mitico e di quello teoretico, in cui si attua la massima astrazione e la memoria può essere ben conservata in supporti esterni. C’è sempre una stretta correlazione fra la memoria e gli oggetti simbolici prodotti (i cosiddetti exogrammi). Steven Mithen attraverso il modello della cattedrale individua l’interrelazione fra varie forme di intelligenza (generale, tecnica, sociale, storico-naturale e linguistica). All’inizio sono separate come singole cappelle, poi si integrano e danno impulso all’evoluzione (fra i 40.000 e i 30.000 anni fa). Ad esempio l’uomo-leone, trovato nella foresta nera e oggi conservato a Ulm, rappresenta la sintesi di diverse forme di intelligenza (tecnica, storico-naturale, sociale, linguistica). Così l’uomo nella sua storia costruendo gli oggetti ha costruito il sé, ha pensato qualcosa, ma ha anche pensato il pensare. In questa sfera sono sorti anche gli oggetti di culto. La tecnica e la narrazione sono quindi intimamente congiunte, ma non sono tutto. Al di là rimane il corpo umano. Emblematico è il racconto di Walter Benjamin (1933): la madre racconta la storia al bambino, ma gli dà anche le carezze. Oltre la tecnica e la narrazione occorre la mistica.

Bibliografia:

  • Michele Cometa, Perché le storie ci aiutano a vivere? La letteratura necessaria, Cortina 2017.
  • Roland Barthes, Variazioni sulla scrittura, Torino, Einaudi 1999.
  • Merlin Donald, L’evoluzione della mente, Torino, Bollati Boringhieri, 2011.
  • Max Frisch, Homo faber. 1957, tr. it. Milano, Feltrinelli, 2005.
  • André Leroi-Gouran, Il gesto e la parola, Torino, Einaudi, 1977.
  • Alexander Marshack, The roots of civilization, N.Y., Mc Graw-Hill, 1972
  • Steven Mithen, The Prehistory of the Mind, London, Thames and Hudson, 1999.

Giovedì, 23 Novembre 2017 | Luigi Voltolini