Ruggero Eugeni - La comunicazione creativa e l’illusione di stabilire ponti
Relatore Ruggero Eugeni - Professore Ordinario di Semiotica dei Media Università del Sacro Cuore Milano
Punto di partenza possono essere le parole di Papa Francesco, secondo il quale: “È … necessario verificare continuamente che le attuali forme di comunicazione ci orientino effettivamente all’incontro generoso, alla ricerca sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi, all’impegno di costruire il bene comune” (Fratelli tutti, 205). Una forma privilegiata di comunicazione è quella che avviene “faccia a faccia”. Possiamo dire che il Web e la comunicazione digitale la favoriscano?
Sorge il sospetto che la costante esposizione del proprio volto, soprattutto da parte dei più giovani, possa solamente simulare trasparenza, prossimità e attenzione, mentre in verità operi in senso contrario verso il mascheramento di sé, o per meglio dire verso una forma ibrida di autorappresentazione non realmente vissuta e appropriata fino a provocare fenomeni patologici. In proposito si parla di “Snapchat (o Zoom) Dysmorphia”. Oggetto di attenta considerazione devono essere i procedimenti tecnologici di manipolazione del proprio volto in movimento (“face editing”) ampiamente diffusi su Instagram (con il nome di “Augmented reality filters”), Snapchat (“Lenses”) e Tik Tok (“Effects”). In effetti si sono levate contestazioni che hanno anche portato alla sospensione temporanea di certi filtri, per es. su Instagram. Tuttavia la situazione non è sostanzialmente cambiata, dato l’aumento esponenziale degli utenti. Eppure non vanno sottovalutate le implicazioni di carattere etico, economico, sociale e politico.
Anzitutto gli abbellimenti, indotti automaticamente dai filtri, possono creare negli utenti crisi di identità e trasmettere loro implicitamente il messaggio che il loro volto abbia difetti, sia brutto e debba essere migliorato. Da qui il moltiplicarsi delle richieste di interventi di chirurgia plastica, delle crisi depressive, dei disturbi alimentari fino ai suicidi. Inoltre dietro queste modifiche virtuali si sono nascosti interessi di operatori economici interessati a propagandare i loro prodotti di bellezza. Infine le tecniche digitali di rilevazione dei volti sono diventate strumenti utilissimi per agenzie e istituzioni di controllo della popolazione. Si sono create immense banche dati finalizzate non solo alla sicurezza.
Si può dunque concludere che il Web sia sì un’opportunità, ma comporti seri rischi rispetto al “faccia a faccia”, così indispensabile nelle relazioni umane.
- Ruggero Eugeni, Capitale algoritmico. Cinque dipositive postmediali (più uno), Brescia, Morcelliana – Scholè, 2021.
- Massimo Leone (ed.), Volti artificiali, Numero monografico di Lexia. Rivista di Semiotica, n. 37-38, 2021.
- Patrizia Magli, Pitturare il volto. Il trucco, l’arte, la moda, Venezia, Marsilio, 2013.