Vincenzo Costa - La vita umana tra dato biologico e struttura relazionale
Relatore Vincenzo Costa, professore ordinario di fenomenologia, Università Vita Salute di San Raffaele
Interrogarsi su dato biologico e struttura relazionale è un approccio moderno per dialogare riguardo a una questione antica: il rapporto tra natura e cultura, tra natura e storia. Siamo esseri naturali o esseri storici? Siamo un anello di congiunzione tra natura e cultura? Dovremmo cercare di fuggire al naturalismo sfrenato, alla percezione che tutto sia determinato biologicamente e che l’evoluzione spieghi, in modo soddisfacente, tutti i nostri comportamenti. Anche un culturalismo estremizzato, tuttavia, ripropone, seppur agli antipodi, le stesse dinamiche relativistiche: civiltà e società plasmano integralmente l’essere umano e pretendono di esaurirne l’essenza in una spiegazione ontologicamente esaustiva. La fenomenologia del Prof. Vincenzo Costa cerca di posizionarsi a metà strada, con l’intenzione di salvaguardare la nozione di persona.
Qual è il rapporto che sussiste tra cervello ed esistenza? Tra cervello e mente?
Siamo consapevoli delle nostre scelte oppure ciò che avviene intorno a noi è una sorta di perturbazione che ci colpisce, come in terza persona, come se qualcosa ci accadesse, invece di accadere anche per la nostra volontà?
Indubbiamente facciamo esperienza dei fenomeni. Eppure, come avviene che il cervello produca questa esperienza? Che cosa accade dentro la mente affinché la mappa neurale veda e comprenda ciò che esperisce? Dal punto di vista neuro-fisiologico non è possibile fornire una risposta definitiva. Sappiamo quali aree del cervello sono coinvolte in determinati processi, movimenti e funzioni vitali, grazie alla più moderna strumentazione tecnico-scientifica (RMN, PET), ma ciò non è sufficiente a spiegarne il valore relazionale.
Inoltre, come può il cervello produrre stati di coscienza non correlati unicamente a un puro dato biologico? La mente ha la capacità di associare esperienze, percezioni, vissuti apparentemente distantissimi, in quanto la relazione amplia la nostra percezione delle cose secondo modalità imperscrutabili, secondo nessi non di natura casuale, ma motivazionale.
Se da una parte lo studio dei neuroni specchio ha aperto la strada verso una minuziosa ricerca del fondamento biologico dell’imitazione e dell’intuizione, dall’altra diventa un ponte verso la conoscenza della struttura relazionale e della sua irriducibilità. Se il rapporto tra individui presuppone una visione comunitaria, un noi, non è possibile appiattire e interpretare la complessità accontentandosi di definire la sua struttura meramente biologica. L’essere umano abita costantemente un orizzonte di significati e di valori che lo supera e, al tempo stesso, lo costituisce.
I neuroni specchio sono stati una scoperta eccezionale, non tanto e non solo dal punto di vista relazionale, ma soprattutto per quel che concerne il legame tra sistema cognitivo e sistema motorio, arrivando alla conclusione che il sistema motorio supporta i nostri pensieri. I neuroni che si attivano quando prendiamo in mano una bottiglia sono gli stessi che si attivano quando un’altra persona afferra una bottiglia e si trova nel nostro campo visivo. Questo processo permette di anticipare, comprendere e decifrare le intenzioni altrui, di leggere significati talvolta lontani tra loro, unici a seconda del legame esperito con una persona, con un gesto o con una parola. Ogni pensiero, ogni azione ci pone già in una condizione di singolare relazione con l’alterità lasciando intravedere l’orizzonte sconfinato in cui i dati biologici, a discapito di ogni riduzionismo, sono immersi.
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