Marco Pellegrini - Cambiamento d'epoca: declino o nuovo inizio?
Relatore Marco Pellegrini - Professore Ordinario di Storia moderna e di Storia rinascimentale Dipartimento di Lettere, Filosofia, Comunicazione Università degli Studi di Bergamo
Cambiamento d’epoca
La storia in cui noi viviamo sta attraversando crisi nuove e inedite, ma sempre si tratta di imparare l’arte di vivere in momenti di transizione, possibilmente comprendendo la crisi come svolta. Parlerò di fenomeni del passato che sempre, tramontando, hanno consegnato qualche cosa di molto vitale al futuro.
Alcune considerazioni generali in chiave umanistica.
Se tutti noi davanti al fenomeno del cambiamento proviamo qualche disagio, non dobbiamo particolarmente sorprenderci perché il cambiamento fa parte della struttura vitale di tutti i viventi. Va peraltro notato che il fenomeno della dissoluzione nella storia non è mai totale, non esiste mai la distruzione del tutto. Lo testimonia la contemplazione delle rovine che parlano e testimoniano la volontà di durare. Lo stesso san Paolo afferma «Ciò che diventa antico invecchia ed è prossimo a scomparire». Nell’ottica del kerygma evangelico è opportuno, quindi, il fatto che tutto passi ed è bene che passi perché deve fare largo alla novità dello Spirito.
Le epoche del passato continuano parzialmente a vivere anche mediante i capolavori della storiografia che riconosce in Tucidide il suo padre fondatore. Tucidide consegna alla memoria il capolavoro di una tragedia per ammaestrare il lettore attorno al potere della follia, aspetto costitutivo dell’esperienza umana, esemplificata nella parabola di Atene, che si è ingannata nella considerazione della propria condizione. Ha ritenuto di aver conseguito l’egemonia andando così incontro ad un tracollo. L’opera di Tucidide diviene un monito anche per chi governa in tutti i tempi.
Polibio, da parte sua, assume dall’ambito naturalistico-biologico la visione ciclica e la introduce nella lettura del processo storico: ogni cosa nasce, si sviluppa, va incontro ad una fase di decadenza ma poi risorgerà. In questa alternanza di nascere, morire, risvegliarsi, c’è qualcosa di divino che fa chiamare il fenomeno “alternanza sacra”. Qualsiasi epoca storica vede quindi una dissoluzione sempre parziale: qualcosa muore, ma qualcosa perdura, e se il fenomeno viene concepito come crisi diventa provocazione a vivere.
Dal punto di vista della storia delle religioni nella tarda antichità si comincia a connettere la partecipazione ad una fede religiosa con la visione di vita dell’anima, destinata alla rinascita. Il paradigma dell’anima come vita che non muore, se non temporaneamente, ma poi rinasce, diventa elemento sapienziale, aiuta cioè a comprendere se stessi, ed è un elemento formidabile che suscita fiducia. Il ritmo bio-somatico va verso l’invecchiamento e muore, l’anima ringiovanisce e rinasce. Nei primi secoli questo concetto era espresso frequentemente in ambito cristiano, ma anche pagano con la metafora del germoglio da una pianta apparentemente inaridita.
Fra i padri della Chiesa Tertulliano spiega ai pagani la risurrezione sulla base dei ritmi della natura e arriva ad ipotizzare la risurrezione come un evento naturale. Il messaggio non è concepito come un fatto solamente individuale, ma anche cosmico-storico. La rigenerazione è una ripartenza della storia.
Nel contesto di decadenza dell’impero romano si forma anche la soteriologia. Nella tradizione cristiana incontriamo un atteggiamento fattivo davanti alla storia, che non va subita passivamente ma chiede di cooperare al suo stesso compimento. Questo apre uno spazio straordinario alla apocalittica cristiana, che è l’arte di decifrare la storia come enigma non incomprensibile. La storia è un libro sigillato, ma esiste il Signore della storia che apre il libro, ne spiega il significato e lo comunica, ma non a tutti, bensì a coloro che hanno l’intelligentia spiritualis, la quale porta a ravvisare nella storia l’azione dello Spirito, che dopo aver creato il mondo dal nulla sa farlo rinascere di nuovo. La storia produce un campo di macerie da cui continua a rispuntare qualcosa di nuovo. Tutto va in direzione della gloria di Dio. Si sviluppa così il concetto di provvidenza, desunto dalla filosofia stoica per la quale c’è una ragione, che è Dio, che governa misteriosamente i fatti dell’uomo in maniera incomprensibile all’intelletto umano. Quello che importa in questo mondo sia ai cristiani, sia ai non cristiani è il principio speranza, come scrive il filosofo marxista Bloch, il quale predicava l’umanizzazione del mondo. Per umanizzare il mondo occorre avere ed alimentare la speranza.
Le culture non cristiane ravvisano sempre nel cristianesimo quella forza che a loro spesso manca ed è appunto il principio speranza. Questa dinamica si riconosce nel Rinascimento, che si mostra emanazione della speranza e della spiritualità della rinascenza.