Il desiderio criterio dell’ethos attuale?
Relatore Graziano de Giorgio
Freud si è preoccupato dell’etica. Essa mirerebbe a imbrigliare le pulsioni verso finalità razionalmente scelte. Tale obiettivo riflette di per sé ottimismo, fiducia nella ragione. Tuttavia alcuni aspetti della concezione freudiana finiscono per gettare ombra e alimentare il pessimismo. Infatti le pulsioni sono cieche, egoistiche, quindi il compito che si prospetta va contro di loro ed è appunto pagato con le nevrosi. Il pessimismo si accentuò in Freud durante l’esperienza della prima guerra mondiale. Si vedano i suoi saggi: “Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte” (1915) e “Perché la guerra?” (1932). Inoltre riferire il compito etico al superamento delle pulsioni suggeriva un orizzonte prevalentemente intrapsichico. Nella psicanalisi e nella psicologia successiva si spostò il centro verso l’aspetto relazionale. Wilfred Bion descrisse la mente come un fatto relazionale e sociale.
Lo psichiatra Viktor Frankl, noto per il suo bellissimo libro “Uno psicologo nei Lager”, dichiarò: «Io sono io solo grazie a un tu». Attraverso gli spazi relazionali il soggetto si costituisce come tale. Esso è essenzialmente rivolto a un oggetto e attraverso di esso alla realtà. Qui il compito etico trova il suo fondamento, legato appunto all’esigenza della formazione propria e dell’altro. A questo proposito entra in gioco il desiderio. Lacan ricollegandosi a Hegel rivaluta il desiderio come “Begierde” anziché come “Wunsch”. Nella prima accezione esso è incandescente, non è legato a un contenuto cosciente, segnala una mancanza alla quale non corrisponde qualcosa di definito. Tale mancanza fa sentire il proprio limite e rinvia alla legge. Tutto questo merita di essere meditato oggi in cui l’io è ipertrofico e la società vuole riempirci di cose.