Giulio Albanese - Migrazioni e nuove forme di colonialismo
Mercoledì 10 gennaio vi aspettiamo alle 18 in Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, via Trieste 17, per la conferenza dal titolo “Migrazioni e nuove forme di colonialismo”. Tematica urgente e attuale. Si intreccia con vari fattori: persecuzioni politiche, religiose, carestie, esclusione sociale, violazioni dei diritti umani. I conflitti, le nuove forme di colonialismo e il continuo circolo dell’indebitamento portano alcuni Paesi a impoverirsi sempre di più. Come è possibile allora costruire un piano di sviluppo e sostegno che permetta a Stati come l’Africa di diventare autonomi? Giulio Albanese, Padre missionario e giornalista della Congregazione dei Missionari Comboniani, offrirà importanti chiavi di lettura per comprendere il fenomeno migratorio in relazione alla crisi globale e ai nuovi colonialismi.
Chiunque abbia un po’ di attenzione ai fenomeni geopolitici è consapevole della complessità del fenomeno migratorio. A parte i tradizionali scenari di guerra, non basta mai una sola ragione a determinare e spiegare l’abbandono del proprio Paese. Infatti, le migrazioni sono sempre originate da una serie di fattori che interagiscono tra loro: persecuzioni politiche, religiose, carestie, esclusione sociale, violazioni dei diritti umani... Tutte cause che generano uno stato di diffusa insicurezza e precarietà, con particolare riferimento al Vicino Oriente e all’Africa Subsahariana da cui proviene il grosso della mobilità umana verso l’Europa. Uno sguardo ai numeri sfata però la convinzione artatamente creata di una invasione: in Italia negli ultimi dieci anni è sbarcato circa un milione di persone e 700 mila hanno lasciato il nostro Paese proseguendo verso altre mete. In Europa quest’anno sono entrati migranti per un valore pari allo 0,07 della popolazione residente, che è di 447 milioni.
È comunque evidente che la mobilità umana rientra, dal punto di vista causale, nel perimetro del cosiddetto “Sud del mondo.” Si tratta di quella parte del nostro pianeta dove si evidenziano le nuove forme di colonialismo. Esse sono fondamentalmente tre e risultano interconnesse, acuendo a dismisura la sofferenza delle popolazioni autoctone. 1. Conflitti: Tutto quello sta avvenendo in Sudan, nella Repubblica Centrafricana, nell’ex Zaire e in altre periferie del mondo solitamente non viene mediatizzato. Si tratta delle guerre dimenticate che non fanno notizia. La loro fenomenologia richiama alla mente il pensiero di Frédéric Bastiat. Grande filosofo ed economista francese, egli sosteneva che «dove non passano le merci, passano gli eserciti». 2. Lo sfruttamento economico: Quando noi parliamo dei Paesi svantaggiati dobbiamo sempre sottolineare che essi, alla prova dei fatti, non sono poveri, ma risultano essere impoveriti. 3. L’indebitamento: È una dinamica che si procrastina ciclicamente nel tempo seguendo la perversa logica del debito che chiama altro debito.
Di fronte a questo scenario, a dir poco inquietante, cosa possiamo fare? Ci sono vie di uscita? Nonostante la difficile congiuntura legata alla guerra russo-ucraina e al conflitto Israele-Hamas, oltre che alla persistente sofferenza dei mercati finanziari internazionali, sono molteplici le azioni, da parte dei Paesi industrializzati, che potrebbero contribuire a cambiare il quadro globale: dall’assicurare ai Paesi più poveri, molti dei quali africani, lo 0,7 per cento del Reddito nazionale lordo promesso dai Paesi Ocse, ad accordi di partenariato e vera cooperazione; dal contrasto alla de-regulation, soprattutto in riferimento al tema del debito, alla concessione della cittadinanza alle nuove generazioni di immigrati inserite nel tessuto sociale europeo; per non parlare della lotta contro i trafficanti in Libia e altrove. Un piano Marshall, o Mattei che dir si voglia, per l’Africa non dovrebbe prescindere da queste considerazioni. Altrimenti come possiamo pretendere di aiutarli a casa loro?
Caratteristiche dell'evento
Inizio evento | Mercoledì 10 Gennaio 2024 | 18:00 |
Luogo | Aula Magna Università Cattolica |