Economia e finanza padrone del mondo? Lettura critica di un luogo comune

Relatore Pier Paolo Portinaro, professore ordinario di Filosofia Politica presso l’Università degli Studi di Torino

Oggigiorno assistiamo all’accentuarsi delle disuguaglianze e, oltre alla questione economica, emergono anche difficoltà di carattere sociale e politico che il prof. Pier Paolo Portinaro spiega avendo cura di illustrare una visione generale del problema, fondamentale per comprenderne e poi immaginare soluzioni su larga scala.

La tecnologia ha ampliato le sue capacità di interazione con il mondo e coloro che ne detengono le competenze pare che possiedano un dominio impressionante sul genere umano. Mai prima di oggi l’umanità ha avuto potere su sé stessa. Lo sta amministrando bene? Con la dovuta responsabilità?

Da sempre la ricchezza (plutos) e il potere (kratos), agli albori rappresentate dalla coercizione e dalla forza militare imposte da alcuni gruppi su altri, sembrano padroneggiare il mondo. A un certo punto della storia, però, nasce la politica proprio come tentativo di coordinare le radici violente del dominio spropositato dell’uomo sull’uomo e per dar modo all’economia e all’organizzazione sociale di seguire schemi non autodistruttivi, come avverrebbe in una comunità del tutti contro tutti. Nella filosofia antica, in particolare in Aristotele, l’etica occupa un ruolo centrale, da cui emerge la politica, che a sua volta si dirama in un un’ulteriore particolarizzazione, che è l’economia (oikonomia, ovvero il “governo della casa”). I rapporti tra individui procedono dunque da una necessità prima di tutto etica di regolare la vita. Senza etica non ci sarebbe politica e senza politica non ci sarebbe economia. Oggigiorno, invece, le relazioni tra le discipline paiono ribaltate. L’economia è sottomessa alla finanza, che in Aristotele era chiamata crematistica, definita come la produzione di ricchezza attraverso il denaro, e l’etica si trova confinata “all’ultimo posto”, come una parte della politica, quella relativa ai discorsi retorici senza impatto sulla realtà. Nella “Politica” Aristotele spiega che l’economia è sempre secondo natura, utile alla sussistenza della polis e per supplire ai bisogni materiali dei cittadini che la abitano, mentre la crematistica è qualcosa di artificiale; tuttavia, non per questo deve necessariamente essere considerata cattiva.

Nel libro “Salvare il capitalismo dai capitalisti” (2004) Luigi Zingales e Raghuram Rajan espongono una tesi similare, che cerca di identificare il lato buono della finanza, vedendo in essa un ruolo importante per sostenere l’economia. Senza la finanza lo sviluppo dell’Occidente non ci sarebbe stato oppure si sarebbe trattato di un processo incredibilmente lento e altalenante. Nella visione neoliberista dei due autori permane la consapevolezza che la finanza abbia anche lati oscuri, ma prevale l’assoluta necessità, per il bene dei popoli, che l’economia non ristagni in sé stessa, cosa che accadrebbe se rimanesse relegata solo allo scambio tra merci.

Differente è l’opinione di Joseph Stiglitz nel suo volume “I ruggenti anni Novanta” (2003). Dal suo punto di vista, molto critico, politica ed economia, così come la finanza, per quanto possano tentare di elevarsi e di indossare panni etici, mantengono sempre una connessione viscerale con le proprie origini oscure, ovvero come tentativo di ordinare, con una necessaria dose di forza, i rapporti di prepotenza tra gli individui. Anche nel diritto permane questo processo difficile, che talvolta emerge nella sua originaria contraddizione. Ciò che nasce per dominare i rapporti di violenza, deve esercitare una certa autorità per riuscire a creare un equilibrio. Nonostante la buona volontà, resta insolubile questo iniziale paradosso, a prescindere dal quale gli Stati per sussistere continuano ad avere bisogno della politica, dell’economia e della finanza.

Come è possibile, dunque, rispondere agli squilibri attuali sia sul piano economico-finanziario sia su quello sociale? L’unica soluzione attuabile forse è quella proposta da Hans Jonas nel “Principio responsabilità”. Solo attraverso la responsabilità individuale si potrà creare un mondo più giusto e più equo. Da una parte spaventa la consapevolezza che nessun sistema, politico, economico o di gestione sociale, potrà portare a migliorare i forti squilibri sociali, dall’altra consola la presa di coscienza che ogni persona può fare qualcosa e che il potere individuale sul cosmo non è mai stato così determinante quanto lo è in questa epoca post-moderna, anche in rapporto alle tecnologie con cui interagiamo ogni giorno.

Bibliografia:

  • Jonas H., Il principio responsabilità, Einaudi, Torino 1979
  • Zingales L. e Raghuram R., Salvare il capitalismo dai capitalisti, Einaudi, Torino 2004
  • Stiglitz J., I ruggenti anni Novanta, Einaudi, Torino 2003

Mercoledì, 11 Ottobre 2023 | Aurora Ghiroldi