Dichiarazione universale dei diritti. Dall' entusiasmo degli inizi alle scelte pragmatiche e settoriali

Dichiarazione universale dei diritti. Dall' entusiasmo degli inizi alle scelte pragmatiche e settoriali

Domani incontro in Accademia Cattolica

Domani, mercoledì, alle 18:00 nella sede dell'Accademia Cattolica presso l' Archivio diocesano in via Gabriele Rosa il professor Gabriele Della Morte, associato di diritto internazionale alla Facoltà di giurisprudenza dell' Università Cattolica di Milano, terrà una conferenza "Sulla possibilità di una carta dei diritti universali". L' appuntamento rientra nel progetto dell' Accademia dal titolo "Ethos-desiderio-legge".

L' idea dell' universalità dei diritti umani pervade la cultura giuridica moderna e in definitiva anche l' opinione pubblica: è l' idea che esista un nucleo di diritti fondamentali che spettano all' essere umano in quanto tale, senza alcuna distinzione e senza che vi siano condizioni al riconoscimento dei diritti stessi. In quest' ottica la Dichiarazione universale dei diritti dell' uomo del 1948 si apre riconoscendo che "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti". La previsione ricorda non a caso l' inizio del Contratto sociale di Rousseau, e riflette l' idea (illuministica) della naturale libertà dell' uomo, cui si contrappongono i vincoli posti dalle autorità statali.

In questa prospettiva l' affermazione dei diritti umani mira a limitare l' interferenza della pubblicà autorità nel godimento delle libertà dell' individuo. La grande importanza della Dichiarazione fu innanzitutto la sua "universalità". La Dichiarazione fu approvata con una larghissima intesa in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, facendo registrare poche astensioni. Vi si trova uno spettro molto ampio di diritti, corrispondenti (e comuni) a tradizioni giuridiche, orientamenti filosofici e fedi religiose di vario tipo. Pur essendo stata concepita inizialmente come un testo non vincolante, essa ha acquisito negli anni un' autorità indiscussa.

Al di là di teoriche rivendicazioni di diverse concezioni culturali dei diritti umani, ad oggi nessuno Stato contesta concretamente la rilevanza della Dichiarazione, e proprio in quest'ottica si può considerare che la sua osservanza abbia natura consuetudinaria nell' attuale comunità internazionale. Purtroppo, al grande successo della Dichiarazione nel 1948 non corrisposero gli sviluppi attesi negli anni successivi. All' ampio consenso iniziale seguì una contrapposizione ideologica, specchio della divisione politica in due blocchi; da un lato i Paesi socialisti, sostenitori del primato dei diritti economici e sociali, e dall' altro i Paesi occidentali, fautori dei diritti civili e politici. Il contrasto appare oggi in larga misura pretestuoso, dato che in realtà i diritti umani sono interconnessi tra loro. ma solo nel 1966 fu possibile nelle Nazioni Unite la conclusione di trattati generali sui diritti umani, con l' espediente della stipulazione nello stesso giorno di due trattati diversi: uno sui diritti civili e politici e l' altro sui diritti economici, sociali e culturali.

I progressi nella tutela dei diritti umani si ebbero allora in buona parte non sul piano globale, quanto sul piano regionale, fenomeno di cui sono chiaro esempio la Convenzione europea sui diritti dell' uomo e quella interamericana. La diffusione globale di una cultura dei diritti umani si è concretizzata nella conclusione di diversi accordi multilaterali, anche con l' estensione della protezione a nuovi diritti considerati fondamentali. Il consenso sul piano globale per la conclusione di taliaccordi, però, sembra si sia raggiunto per lo più su convenzioni di carattere non generale, quanto piuttosto relative alla protezione dei diritti delle categorie più vulnerabili (quali i bambini, i disabili, i migranti), focalizzando l' attenzione, in altri termini, su di una dimensione dei diritti più settoriale che universale.