islam, dialogo nella libertà

islam, dialogo nella libertà

Gli avvenimenti delle ultime settimane hanno risvegliato paure che sembravano essere sopite, benché queste si fossero acuite dopo l' apparizione dell Isis sulla scena. Con le paure è riapparso il paradosso che appartiene alla storia del nostro Occidente: da una parte si dichiara e si difende la libertà come sacrosanto principio (si veda la triste vicenda di Charlie Hebdo), dall' altra si ritiene che la libertà sia solo di qualcuno. Il caso più eclatante del paradosso è quello della libertà religiosa, giustamente rivendicata per il Cristianesimo (eventualmente per l' Ebraismo, radice imprescindibile del Cristianesimo), ma limitata per l'Islam, che non dovrebbe avere nel nostro territorio i propri luoghi di culto, anche perché nei Paesi islamici non ci sarebbe tale possibilità per il Cristianesimo.

L' islam sarebbe poi la religione che con il jihad vorrebbe conquistare il mondo in maniera violenta come gli attentati di questi ultimi giorni, letti sullo sfondo delle intenzioni dell' Isis, starebbero a confermare. Il mondo occidentale e la nostra provincia dovrebbero pertanto aprire finalmente gli occhi sulla natura di questa religione e abbandonare ogni tolleranza e interrompere ogni rapporto con i suoi adepti.

Da noi si è perfino giunti a ritenere il vescovo e la curia responsabili di eventuali attentati, a causa dell' accoglienza da essi dimostrata in tempi recenti nei confronti dei responsabili dell' Islam di casa nostra, oltre che degli immigrati, mandati qui ? si dice ? per conquistare il nostro territorio.

Di fronte a queste considerazioni ci si potrebbe domandare se la ragione tanto esaltata nell' epoca moderna abiti ancora i nostri ambienti. La matassa da dipanare è sicuramente aggrovigliata. Pretendere di risolvere i complessi problemi che nel momento attuale travagliano la nostra società con percorsi semplici è indizio della «notte della ragione».

Si può tentare di considerare i problemi nella loro radice e azzardare qualche percorso di soluzione, senza la pretesa di dire una parola definitiva? Anzitutto vale la pena soffermarsi sulla religione e la connessa libertà religiosa. Per capire il primo aspetto può essere utile riandare a una polemica sviluppatasi nei primi anni del '900 tra due eminenti studiosi del Cristianesimo delle origini: Adolf Harnack e Alfred Loisy.

Il primo ricercando l' essenza del Cristianesimo la riduceva al rapporto tra l' anima e Dio. Il secondo gli faceva osservare che il Cristianesimo ridotto a tale essenza non è mai esistito perché anch' esso come tutte le realtà si modella nella storia. Quel che vale per il Cristianesimo vale anche per l' Islam, che non esiste allo stato puro, quasi distillato di una religione, come da una parte e dall' altra si tende ad affermare dichiarando che la religione di Maometto è per la pace o, al contrario, è matrice di violenza.

Come non esiste un Cristianesimo così non esiste un Islam. Per rendersene conto basterebbe ricordare la contrapposizione a noi più nota tra sunniti e sciiti, che si fanno guerra tra loro. E non si può ritenere che tale guerra sia «cosa da medioevo». Cosa dovremmo dire dei conflitti, presenti ancora nell' ombra, tra cattolici e protestanti nell' Irlanda del Nord?

Le religioni allo stato puro non esistono. Solo un retaggio dell' illuminismo lo potrebbe pensare. Nelle religioni si mescolano elementi di carattere culturale, sociale, etico, economico, politico. Sicché sostenere che l' Islam sia nativamente violento, mentre il Cristianesimo sarebbe pacifista, denota che non si conoscono i testi fondativi e che non si conosce la storia. Chi legge la Bibbia, soprattutto l' Antico Testamento, non faticherà a trovare testi che trasudano violenza come alcune Sure del Corano. Se una differenza c' è, sta nel graduale affinarsi della concezione di Dio, della vita, delle relazioni umane, man mano ci si avvicina a Gesù Cristo.

I testi sacri di tutte le religioni non scendono dal cielo: nascono dalla terra e rispecchiano le dinamiche caratteristiche delle persone e delle culture umane. Va inoltre rilevato che la lettura dei testi sacri praticata ormai da decenni nel Cristianesimo mette in conto la loro storicità e quindi non è mai fondamentalista, almeno se si prescinde da quella attuata da alcuni movimenti che provenendo dagli Stati Uniti stanno arrivando anche da noi. Invece una lettura storico-critica del Corano fatica a farsi strada, e quindi mentre nessuno (o quasi) oggi in ambito cristiano giustificherebbe l' uso della violenza con testi biblici, in alcuni movimenti interni all' Islam tale giustificazione non solo appare legittima, ma pure l' unica vera. Se poi a questo dato si aggiunge il desiderio di gruppi etnici di scrollarsi di dosso le nuove forme di colonialismo che la globalizzazione sta generando, si può capire (non giustificare!) la rabbia che porta a reazioni violente, perfino terroristiche.

Chi ha visto anche solo di passaggio la situazione di alcuni popoli non si meraviglia di constatare manifestazioni di ribellione, peraltro attuate con mezzi che i Paesi occidentali mettono a disposizione. Prima di pronunciare giudizi affrettati, quasi fatuah, noi occidentali dovremmo tentare di capire che cosa stia alla radice di alcune reazioni violente. Una volta individuate tali radici ci si potrebbe domandare se la libertà religiosa che noi giustamente rivendichiamo non sia da concedere anche a chi appartiene ad altre tradizioni religiose; se sia possibile riconoscere libertà religiosa senza permettere luoghi di culto; se sia giusto chiedere a chi arriva da noi di cancellare completamente le sue tradizioni culturali.

Chi conosce qualcosa degli italiani all' estero sa che, almeno nei Paesi occidentali, ci sono case della cultura italiana; in alcune città ci sono perfino luoghi di culto per gli italiani. Su quali basi si dovrebbe pensare che i centri di cultura islamici sarebbero luoghi di educazione al terrorismo? Solo perché in alcuni casi si è verificato? Ovvio che si debba vigilare. Ma questo vale per ogni centro culturale o sociale.

La superficialità con la quale si valutano i fenomeni religiosi, culturali e sociali non aiuta certamente a risolvere il problemi. La sfida che ci sta davanti non sarà vinta impedendo migrazioni o conculcando le libertà fondamentali di tutti - non solo quelle della satira che colpisce i sentimenti più profondi delle persone - bensì promuovendo tali libertà. Non è forse questa l?eredità imperdibile dell?epoca moderna?